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poiché ho avuto in sorte di veder con gli occhi propri questi armoniosi miracoli. Se i monarchi del mondo si dilettassero di queste gemme, incantati dal glorioso fascino ed ubbidienti alla paterna volontá dell’autore, piegherebbono il collo sotto giogo d’ulivo e s’incaminarebbono per le vie della desiderata pace. Io rendo a V. S. illustrissima per si gran dono grazie proporzionate ai concetti ch’io le scrivo di si divine fatiche, e con esse mi pregio d’aver fra le mani una giustificata maniera per far ricredere quanti compositori pretendono glorie dallo scrivere o latino o toscano.

Con che, rinovando con V. S. illustrissima la professione della mia servitú avalorata dalla grazia che m’ha fatta, umilissimamente la riverisco.

[Di Bologna, 1640].

CLXX 1 V

Al signor segretario N.

Si scusa di non poter accettare la «prima cattedra» nell’universitá di Padova.

Al buon concetto e all’ottima volontá, che gl’illustrissimi riformatori di Padoa mostrano verso la persona mia, io resto profondissimamente e cordialissimamente obligato. E quanto all’ invito che V. S. per parte Ero mi fa alla prima catedra di quello studio, le rispondo che al calore di quel divotissimo desiderio che io ebbi sempre di servire a quella gran republica fa resistenza il freddo degli anni, che in molto numero mi vanno intimando piú tosto i sepolcri che le catedre, e mi persuadono, tanto piú vivamente quanto piú vicino al morire, che io oda piú tosto le lezioni che mi fa la Morte che far udir le mie alla gioventú di Padoa. Ché pertanto ho risoluto di riposar in patria fin che piace a Dio, e riverir di lungi, come grato italiano e come grato cattolico, i benefici che la provincia e la fede ricevono tutt’il giorno dalla protezione di quella gran republica. E le bacio le mani.

[Di Bologna, 1640].