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all’orecchio, con le tentazioni crudelissime all’anima, con gli orrori della morte e i timori dell’eternitá delle pene, con la memoria e col rimprovero delle passate colpe; ed io tratto di pupille amorose? In quel punto spaventoso con quale angoscia desiderarò io d’aver convertito l’ingegno e i talenti donatimi da Dio a suo servizio e a sua gloria ! con qual ramarico detestare) il tempo perduto, le fatiche spese in oggetti transitorii ! con quale agonia dirò fra me stesso queste parole: — Era il corso di questa vita, in riguardo all ’eternitá, quasi un impartitale momento: che importava il segnalarlo con speciose fortune, consolarlo con gusti sensuali, se queste brievi contentezze, se questi momentanei piaceri avevano a mettermi in forsi tutta quella eternitá, che si orribilmente mi rimbomba sul cuore e mi fa si spaventoso strepito in mezzo all’anima? Perché non piú tosto, negoziando con prudentissimo vantaggio, procurai che il prezzo d’una transitoria mortificazione avesse a guadagnarmi una eterna felicitá? Che importava in questa brieve dimora del mondo l’ambire e l’affannarsi per cambiar veste, se gli ambiziosi colori di questi manti della fortuna aveano a macchiar i candori di quegli abiti virtuosi, sotto i quali bisognava condur quest’anima all’ultimo passaggio? Quale speranza mi lusingava di posseder due felicitá, l’una in terra e l’altra in cielo, se per giunger all’acquisto di quella celeste io vivea piú che sicuro di dover in questa terra spender prezzo di sospiri, di lagrime, di stenti, di persecuzioni e di penitenza? Qual vanissima fiducia ingannava l’animo mio di sempre sodisfare agli appetiti terreni, di non mai abnegare i miei corrotti desidèri, se questa pienezza di terrene consolazioni doveva impoverirmi di quei veri e immarcescibili gusti che Dio ha preparato ai suoi devoti? Che giovava il procacciarmi tesori, se la povertá era quel vero tesoro che dovea comprarmi un regno immortale? Con che prò dell’anima mia io tanto m’ingegnava intorno ai lussi delle condite e saporite vivande, se la continenza era quella che dovea condurmi alle mense dello stesso Iddio? Con quale adulterino piacere m’ingombravano il petto i pruriti delle vendette, se il perdono era quello che dovea vendicarmi deH’immortal nemico? Perché, perché in questo brieve