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sono quei risi morali che spuntano dai pianti della natura, ed in questi bisogna consolarsi, poiché ben presto vedremo il prelato piú degnamente arrossito fra queste nuove e rilevantissime fatiche; ed io con profetico spirito mi vo figurando dinanzi agli occhi quel desiderato innesto che fra poco vedremo d’una rosa sopra d’un ulivo. Ed intanto siami lecito il dire che io all’ombra dell’uno e all’odor dell’altra mi riposo e mi ricreo; e confido puranche nella prudenza di V. S. illustrissima, in quella della signora marchesa, della signora Gioanna e del signor conte Alessandro, a’ quali tutti sará commune questa mia. Ché senz’altro resteranno consolati e lieti e convertiranno ogn ’altro affetto di dolore in questo solo spirito: di pregar Dio che tolga il furor ai venti, che abbonacci il mare, che allontani ogn’altro pericolo da quel golfo che si valicherá, che conceda longa vita a Nostro Signore e che doni felicitá al negozio, con una ragionevole speranza che tutto succederá conforme ai nostri voti, ché cosi m’invitano a credere i meriti di monsignore, la giustizia del cielo e la benignitá del papa. Non tralasciando questa considerazione: che da sei anni in qua monsignore non ha mai goduto cosi quieto e cosi tranquillo l’animo come godrá in questo suo nobilissimo viaggio; poiché prima, sovrafatto e quasi oppresso dalle congregazioni, dai tribunali e dalle secreterie, non aveva in sorte un’ora che fosse propria del cibo e del riposo; ma ora, serenata la mente da tante occupazioni, non avrá altra imagine dentro al pensiero che il proseguimento del suo camino e l’arrivo felice a quella corte. In quel porto di speranze fermi V. S. illustrissima e tutta la casa il corso de’ suoi dolori, ché io trattanto fermo il corso a questa divotissima lettera. E le fo riverenza.

Bologna, 15 giugno 1639.

CLXV

Di Giacomo Gaufridio

Dell’applauso destato dall’ode per la nascita di Luigi decimoquarto. Di Piacenza, li 27 giugno 1639.