Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. II, 1912 – BEIC 1873537.djvu/23

onorevoli, Antonino a contracambiare con altrettanto oro le fatiche d’ Appiano, ed ultimamente, per tralasciare gli altri stranieri, Francesco il primo, re di Francia, a remunerare con effetti di profusa liberalitá le scritture dell’Alamanni, del Tolomei, del Delminio, dell’Aretino e d’altri molti letterati italiani; Carlo il nono a stimare, onorare e riconoscere oltremodo la virtú ed eccellenza di Piero Ronzardo; Arrigo il terzo ad accrescere con larghe entrate le fortune di Filippo di Portes abate di Tirone; ed Arrigo il quarto, dopo molti altri segni d’affezione parziale, ad essaltare alla sacra dignitá della porpora i meriti del Cardinal di Perona. Non mossero giá, per mio credere, questi rispetti la Maestá cristianissima di Lodovico il tredicesimo quando con tante dimostrazioni di generositá prese a trattener me nella sua corte, si perché all’edificio della sua gloria non fa mestieri di si fatti puntelli, si anche perch’io non son tale che basti a sostenere con la debolezza del mio stile il grave peso del suo nome. Né muovono ora similmente me a consacrare a S. M. il mio Adone, come fo, si perché l’animo mio è tanto lontano dall’interesse quanto il suo dall’ambizione, si anche perché sono stato prevenuto co’ benefíci ed ho ricevuti guiderdoni maggiori del disiderio e della speranza non che del merito. Ma quantunque i fini principali della sua protezione e della mia dedicazione non sieno questi, con tutto ciò, tanto per la parte che concerne i debiti della obligazion mia quanto per quella che s’appartiene ai meriti della grandezza sua, con ragione panni che si debba il presente libro al nostro re e che da me al nostro re sia buon tempo fa giustamente dovuto. Devesi a lui come degno di qualsivoglia onore e devesi da me come onorato, benché indegnamente, del titolo della regia servitú. Per quel che tocca a S. M., dico ch’è proporzionato questo tributo, essendosi giá col sopraccennato essempio d’Èrcole dimostrato ch’a’ prencipi grandi non disconvengono poesie. E mi vaglio della somiglianza d’Èrcole, meritando egli appunto ad esso Ercole d’essere per le sue azioni paragonato. Poiché se l’uno ne’ principi della sua infanzia ebbe forza di strangolare due fieri dragoni, il che fu preso per infallibile indizio dell’altre prove future, l’altro ne’ primordi e della