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indi, ripercotendo la voce delle nostre querele, dall’urne aperte viene a ferirci l’orecchie e ’l cuore un’eco dolorosa, che ne dichiara fragili, caduchi, miserabili e piú tosto moribondi che mortali.

Questa infallibile e salutare dottrina, signor Claudio, apprendo

10 dallo spettacolo delle communi miserie. Ma voi all’incontro a bello studio vi séte chiuso in una torre assai alta, secondo che gli amici m’han detto, nella sommitá della quale esponendo con Danae il seno aperto alla pioggia d’oro della celeste sapienza, di lá su vi s’infondono gl’ insegnamenti medesimi ch’io dal sepolcro ritraggo; perché l’oro non scintilla solamente nelle stelle e nel sole, ma nelle piú cupe viscere della terra si condensa e si purga. Ed era ben dovere che, avicinandovi voi di tanto alle sovrane intelligenze con la sublimitá dell’ingegno, procuraste di non rimaner da loro lontano col corpo, per quanto vi può permettere la condizione della nostra natura. In cotesta torre io vi considero come nella piú alta cima del monte Olimpo, superiore ai tuoni, ai fulmini, alle tempeste e ai nembi delle disordinate passioni che tengono in continui cimenti l ’anime basse e volgari : quivi, sempre fiso nella ruota di quel sole che non conosce occidente né trova in voi oltraggio di nuvola che si frapponga, contemplate le cagioni invisibili di questi visibili effetti; e se pur volete abbassare gli occhi talora agli oggetti infelici delle sciagure d’ Italia, rinvolto prima nella vostra virtú, gli ricevete come cose leggiere piacevolmente, serbando

11 tenor solito d’animo ben composto e tranquillo. Cosi con opportuno temperamento correggete il riso barbaro di Democrito e l’effeminato pianto d’Eraclito, perché il pianger per gli accidenti degli uomini è una volontaria miseria, il rider è un piacer inumano. Mi sovviene di quel luogo eminente in cui si ritirò Epaminonda tebano per veder l’esito ancor dubbioso della battaglia de’ suoi, che fu perciò nomato «specula» o vogliam dire vedetta. Quel buon condottare, sentendosi malamente ferito, piú s’affliggeva per l’incerta rotta de’ suoi soldati che per la certa ferita del proprio petto; onde, serratasi con la mano la piaga, quasi impedita la via all’anima fuggitiva, tanto si