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GIAMBATTISTA MARINO

dopo pasqua alla volta d’Italia, e vi scriverò. Intanto non mancherò di mandarvi quest’altra settimana quel poco che resta al compimento del libro insieme con la detta lettera. Di grazia, avertite bene alla correzione e risguardate minutamente le note delle mie postille per tutto, avertendo che nel primo canto ritroverete alcune linee cancellate in molte stanze, le quali non importano nulla, né lasciate di stampare i versi come si trovano. So che avrete da combattere con gl’ inquisitori, ma io la rimetto a voi. Il presente pachetto per esser grosso lo mando per la via del signor ambasciatore: gli altri fogli che restano, perché son pochi, gli manderò al signor Guinigi a Lione. Iddio vi feliciti.

Di Parigi [1623].

CXCIX

Alla Maestá cristianissima di Lodovico decimoterzo,


re di Francia e di Navarra

Abbozzo della dedica che segue.

La reciproca scambievolezza che lega insieme i principi e i poeti, gli scettri e le penne, le corone dell’oro e quelle dell’alloro, dalla Grecia, di tutte le bell’arti inventrice, con allegorico sentimento fu dimostrata chiamando Ercole «musagete», quasi duce e capitano delle muse. Percioché si come alla quiete degli studi è necessario il patrocinio de’ grandi, perché gli conservi nella loro tranquillitá; cosi allo ’ncontro la gloria delle operazioni inclite ha bisogno dell’aiuto degli scrittori, perché le sottraggano all’oblivione. Piacesse a Dio che la mia penna fusse bastante a poter degnamente intraprender le lodi immense di Vostra Maestá, celebrando i miracolosi progressi che fa in etá cosi giovane e si acerba, con si maturo consiglio che piú di grave non si desidera nella prudenza de’ piú canuti; che va crescendo in tanta grandezza di pregio, che oggimai i suoi fatti peregrini sono ammirabili ma non imitabili; che le sue forze, le sue armi, le sue genti e tutti i concetti alti del suo animo reale non ad altro fine si rivolgono che alla gloria del cielo; che è amico