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190 CLAUDIO ACHILLINI
aggravio, perché ho voluto aggiungere alla lettera regia la qui soggiunta postilla e l’hanno ricusata. La postilla è questa: «E spera senz’altro il mondo che la serenissima e giustissima mente del re cattolico seconderá le vostre pacifiche proposizioni».
Quanto al Santo offizio, dico che questo tribunale da costoro è stato vilipeso e strapazzato, perché i ministri devono regolare, non dalle minacce o dalle proteste de’ privati, ma dalla giustizia o dalla ingiustizia delle composizioni, le loro publicazioni.
Finalmente, quanto alla veritá, dico a V. S. dinnanzi a Dio che io, lodando il re Luigi, non ho formata né parola né pensiero pregiudiziale alla riputazione del re cattolico, e che so con gli atti celebrare un re e con gli abiti riverirne un altro: essendo presunzione troppo vile e troppo vulgare lo sperar l’aura da una corona col calpestarne un’altra; ché finalmente, essendo tutte due corone, le maledicenze contro un individuo offendono in parte la spezie nel suo commune.
Ma V. E. mi dirá: — Che vói da me? — Io la supplico umilmente in due parole di tre cose: a farmi ristampare la lettera in Roma nella forma qui congiunta, ché questo atto mi sollevará in parte dalla oppressione in che io mi trovo; a procurare, se non mortificazione, almeno una paterna correzzione a coloro che mi hanno maltrattato; e insieme a proteggermi, dove occorrerá. E le fo umilissima riverenza.
Di Bologna, li 2 giugno 1629.
CXVII
All’ambasciatore francese a Roma
Chiede che venga esaudita la grazia (forse l’ottenere da Luigi decimoterzo una risposta al sonetto «Sudate, o fochi, a preparar metalli»)
che gli chiederá per lui, Achillini, il signor Frangipane.
[1629?].