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pietra del suo governo, benché ora se ne parta e si riposi, durerá il moto finché dura quella longhissinia virtú che si spiccò dal braccio della sua giudiciosa auttoritá. E cosi V. S. illustrissima, quantunque partita, sará per virtú presente ad essercitare i suoi paterni uffici verso la sua cara Bologna, né rimarrá intanto interrotto il filo delle sue glorie, ed io godrò pur anche in queste parti un mio signore. E cosi spero senz’altro, perché sará pur anche gloria dell’ illustrissimo successore il seguir quegli ordini approvati dalla pratica e quegli stili che V. S. illustrissima avrá lasciato; né certo altro si può aspettare dal nobilissimo genio del signor cardinale Savelli, la cui venuta poteva solo solo consolar il dolore della partita di lei. La qual supplico umilmente ad avermi per suo servitore in tutti i luoghi, in tutte le fortune e in tutte le occasioni.

[Roma, decembre 1619].

LXIV

Al cavalier Marino


L odi.

(Lettera premessa alla Sampogna del Marino (1)).

Dopo tanti anni io vi saluto cordialissimamente, e vi assicuro col cuore in cima a questa penna che l’ interposizione di tanta terra quanta è tra noi non ha potuto ecclissarvi pur un raggio dell’antico amor mio. Io sono al solito parzialissimo delle vostre glorie; e si come nella piú pura parte dell’anima mia sta viva questa opinione che voi siate il maggior poeta di quanti ne nascessero o tra’ toscani o tra’ latini o tra’ greci o tra gli egizi o tra gli arabi o tra’ caldei o tra gli ebrei, cosi questa medesima conclusione difendo e professo continovamente con la lingua qualor ne parlo, e con la penna ogni volta che ne scrivo.

(1) Per la risposta del Marino si veda nel primo volume, pp. 248-9 [Ed.].