Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. II, 1912 – BEIC 1873537.djvu/16

L’origine di cotesta voce m’imagino bene donde può esser derivata. Ed è che, determinandomi io di passare a Roma ed a Napoli per qualche tempo, ho procurato di sopire quelle imputazioni datemi giá costi in Parma tanti anni sono, e ne fu auttore forse il Materiale. Onde feci pregare questi mesi addietro Pii lustrissimo signor cardinale a voler protegermi e liberarmi da si fatta calunnia con la sua auttoritá; il quale al primo cenno del mio nome me n’ha fatto veder gli effetti con uffici efficacissimi, ed hammi scritto con tanta umanitá che mi ha confuso. È vero che io presuppongo che tutto ciò egli abbia operato a contemplazione di questa Maestá cristianissima di cui son servidore; ma dimostra però nelle sue lettere d’essersi mosso a favorirmi semplicemente dal riguardo de’ meriti miei, i quali conoscendo io esser pochissimi, potete pensare l’obligazione che gli porto. Di questa facenda si sará per aventura cicalato per Roma ed avrá dato che dire agli scioperati.

Subito adunque ch’io mi sarò spedito di questa benedetta impressione, me ne verrò volando, e potrá essere di leggieri ch’io passi per cotesta volta solo per rivedervi, poiché in Parma non ho altra facenda. Prima ve ne darò avviso. Il re mi ha concessa grazia che in assenza mia la mia pensione sia qui pagata al mio procuratore, con patto ch’io mi lasci rivedere in questa corte ogni due anni una volta. Il che io penso di far volentieri, se mi porterò con salute. Intanto la mia vita voglio che sia il verno in Roma e la state in Napoli, dove pretendo di goder qualche delizia insieme con gli amici e specialmente con voi. Le vostre burle son graziose, ed io vi bacio le mani con tutto il cuore.

Di Parigi [1623].