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mover il piede in questo campo non m’assicuro. E se alcuni questo mio timor non approvano, quella sublime loro natura n’è sol cagione; che, facendo lor parere (si com’è veramente) meschinitá e miseria il troppo sottilmente ogni minuzia considerare, e cattivitá e servaggio il non uscir giamai quasi da’ prescritti confini delle regole altrui, in essi, emuli del grande Orazio, che felicemente «audace» fu detto, spira un generoso ardire simile al suo. Il cui esempio, si come giova agli elevati intelletti, cosi nuoce tanto a coloro che non han piè veloce a si gran salto. Ché si può dire con veritá ch’egli sia la ruina di tutti quelli che, non misurando bene le proprie forze, mentre a si alto segno tentano anch’essi di giungere, in vani e ridicolosi sforzi la lena de’ loro ingegni miseramente van consumando. Percioché questi, allettati da quell’applauso col quale sento legger dal mondo i componimenti de’ moderni poeti piú nominati e famosi, parendo loro che principalmente egli nasca da que’ pelegrini traslati che rendono cosi splendida e cosi grande l’orazione, in verso ed in prosa, tutti con ansietá molto grande si dánno a fabricarne ancor essi ; e come il fabbro appunto, l’opera antecipando, la materia per far tavole, scragni e cosi fatti arnesi ripone prima che di fargli l’opportunitá s’appresenti, cosi essi, innanzi ad ogni occasion di valersene, d’ un ’ampia loro munizion metaforica van facendo raccolta; e speculando sempre tra loro stessi le piú strane e piú recondite proporzioni che tra le cose create la natura si creasse giamai, ed aspettando che qualche nuova e gran cosa per se stessa lor venga in mente, le lor metafore si può dir a caso in cosi fatta guisa van componendo, che quanto piú sono straniere, audaci, impronte, oscure ed enormi, tanto piú pelegrine, nobili, graziose e mirabili essi le stimano, e coloro, non dirò che le biasimano, ma che con mille lodi non le comendano, spacciano per persone o poco intendenti o piene di livore e d’invidia.

Parlo cose a lei note e da lei aborrite e talora dalla scherzante sua musa sotto l’altrui nome dolcemente schernite. E conchiudo che la maggior parte de’ poeti de’ nostri tempi imitano, nel far i lor versi, delle barbare nazioni nel vestir il costume: