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L’andata del re a Lione andò in fumo, onde per conseguenza anche della nostra non credo che se ne fará altro. La mia venuta in Italia non credo che avrá effetto infino al mese d’agosto, perché non mi sono potuto sbrigar della stampa a tempo per questa pasqua, come io sperava. Vi priego adunque per quanto amor mi portate a consolarmi subito, mandandomi i quadri per via del signor Guinigi, perché mi muoio d’impazienza. Insieme co’ quadri aspetto parimente i dissegni e que’ quattro ritratti ad olio che sono nel tamburetto piccolo, perché mi servono come vi scrissi. Di grazia, non mancate quanto prima; e vi bacio la mano.

Di Parigi [aprile 1623].

CXCIV

Al medesimo


Intorno allo stesso argomento.

S’io fossi cosi pentito de’ miei peccati come mi pento d’essere entrato in questa tresca di pitture, sarei piú che sicuro del paradiso. Quel che piú mi travaglia è che son costretto a sforzar la natura, che per ordinario non suole esser molto pronta allo scrivere, e mi bisogna del continuo fastidir gli amici. Di piú Iddio mi mortifica col mezo di coloro i quali io piú amo e ne’ quali piú confido. Da molti mesi in qua io vi ho scritto per ogni posta, ed a cento lettere mie non è comparsa se non una risposta sola, molto stracca. Onde mi conviene replicare di bel nuovo le medesime querimonie ch’io vi feci per l’altra mia, lamentandomi forte della vostra poca amorevolezza; ché se non volete farlo per effetto di cortesia, dovreste almeno per termine di civiltá corrispondere a chi vi onora e rispondere a hi vi scrive, massime ad uno amico della qualitá mia.

Io mi era risoluto di non rompervi piú la testa con le mie nportunitá, ma la necessitá mi stringe ancora a farlo, assicuindovi che, se voi non risponderete a questa, io farò sinistro incetto della vostra affezione e m’ingegnerò di portarmi con