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alla cittá per donarsi alla villa, senza involar la villa alla villa e farne parte alla cittá ! Mercé di questi libri veggio nei piú sereni giorni i piú tempestosi, tempro con quell’aure ch’egli mi descrive l’arsura di quei raggi ch’io sento, vagheggio nei piú foschi orrori della notte quelle bellissime albe che mi depinge. Anzi piú bella è l’aurora in queste carte che non è quando, uscita dal Gange, quasi pastorella celeste, con flagello di rose si va cacciando avanti la luminosa greggia delle stelle; piú bello il sole che non è quando, asceso il Campidoglio dell ’oriente, sta trionfando dell’ombre nemiche; piú bello è il fiume nell’alveo di questi fogli che non è quando, da cento rivi, quasi da cento sproni d’argento, stimolato al corso, baccia fuggendo l’un’e l’altra diletta sua sponda e con ricchissimo tributo al mar sen corre, o quando, povero e restio e fatto in sua povertá sincero, palesa i secreti del suo cuore; piú bella è la selva su le pendici di queste carte che non è sui gioghi de’ monti, quando, esposta ai raggi del sole, se stessa in terra depinge e vagheggia e sotto ai ricoveri frondosi alletta i pastorelli ad inganar l’estiva arsura; piú belle insomma fa le campagne il signor Giovan Vincenzo di quello che coi penelli suoi le faccia aprile. E lo poetico suo spirito ha tolto il vanto ai soffi di Zeffiro; ché se i lavori d’aprile e dell’aure sono caduchi, l’opra di questa cara musa sará immortale. E soffino pure i freddi venti dell’ebraica invidia, dalla quale sará lacerato, ché a malgrado loro le sue primavere saranno eterne.

[1607?].

Vili

Al SIGNOR CAVAL1ER RiNOCINl [RlNUCCINl], A FIRENZE

Loda parecchi componimenti poetici del R. e di altri, scritti in occasione di un lieto avvenimento della casa de’ Medici (probabilmente il matrimonio di Cosimo II con Maria Maddalena d’Austria), alla quale si augura il piú prospero avvenire.

[1608?].