Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. II, 1912 – BEIC 1873537.djvu/120

se non fosse che il sollecitare a me non conviene, ché sarebbe cosa indegna; il procurare, benché alquanto piú si solèvi da terra, per ristesse raggioni però non conviene a lettore; oltre che, questi sono essere izi da asini, che consistono piú nel andar per Roma ad informare questo tribunale e quello, che fra sé sono lontanissimi, che nella bella contemplazione che suole farsi sui libri. Aggiungete poi, quanto al nome, che i procuratori in Roma portano l’istesso nome che in Bologna e sono ne l’istesso concetto a tutto il mondo; e per fine il mio genio v’è tanto lontano che neanco imaginar me lo posso. L’avocare porta necessario il tener su le sue spale fornita una casa; e questa importa almeno cento scudi l’anno di piggione; inoltre, un buono e bello studio fornito: le quali due cose senza meno della casa non mi possono esser sumministrate.

— Oh ! — direte: — non potete stare a camera e far con pochi libri alla meglio che si può in questi principi, finché si vadi avanzando qualche poco di credito? — Vi rispondo che potrei io mendicamente essercitar questo ufficio; ma, Dio buono, che longhezza di tempo ! E che speranze sarebero le mie a faticar cosi vilmente con pregiudizio della fama e della avocazione? conferendo massimamente a l’aver credito lo star con qualche riputazione.

Ma poniamo sú che io potessi commodamente avocare. Che poi? Quando l’avocare non serve per cumulare tanti danari che bastino a vivere da prelato, è nulla; e l’avocare con speranza tale suppone troppo longhezza di tempo, troppo eccessive fatiche, troppo fiera complessione e troppo bella riuscita alle cose sue. L’avocare per semplicemente mantenersi tanto si potria fare nella mia cittá, lá dove non avrei le migliaia di concorrenti che sono in Roma e porterei qualche nome giá acquistato, che qui è oscurissimo e ignoto.

Né mi state a dire: — Tu hai ingegno e farai e dirai. — Poiché dicono che qua sono diecimilla pari miei e da piú di me in ogni cosa, che vivono mendicamente. E questa è la grandezza di Roma: il dare de’ galantuomini quattro al baioco, se pure nel numero loro per vostra amorevolezza mi volete porre. Si che vedete bene con che giudicio si concepisca espettazione d’un