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CXCII

Al medesimo


Si lagna di non ricevere lettere.

Voi tenete poco conto di me, e per certo avete il torto, perché io vi ho sempre amato ed onorato. È possibile che a cento lettere mie, le quali son certissimo che vi son capitate, io non vegga ancora comparire una risposta? Giá vi ho scritto per ogni ordinario e sempre invano. Ora vi rescrivo questa, e voglio che sia l’ultima volta.

Vi priego adunque, e torno a supplicarvi con la maggior efficacia che posso, a volermi mandare subito subito al ricevere della presente i quadri che si ritrovano fatti, cioè i due primi del Brandin e quello dello Scorza, insieme con i ritratti ed i dissegni che sono nel picciolo tamburetto, perché giá ho imbagagliate le mie balle e resto impedito solamente per questo rispetto; il che mi è di sommo disturbo e disgusto. Ed infine, se non vengono incontanente, non mi serviranno piú a nulla, e mi verrá poi voglia di stracciargli, poiché non potrò portargli dentro la valigia. L’altro che resta verrá poi a suo tempo, quando sará finito. Starò aspettandogli senz’altro indugio; e se mi amate, non mancate di darmi questa sodisfazione.

Dell’Adone ne sarò forse io stesso il portatore, se non avrò piú che sicura commoditá di mandarlo. Vi bacio le mani.

Di Parigi [1623].

CXCIII

Al medesimo


Intorno allo stesso argomento.

Io resto confusissimo né so che mi dire di tanto silenzio. A cento lettere mie non avete data altra risposta ch’una sola, e giá a quest’ora dovrebbono esser mille volte arrivate le pitture.