Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. II, 1912 – BEIC 1873537.djvu/114

lo Sforza or ora mentovato, Pier Francesco Paoli, segretario del principe Savelli, Ferdinando Adorni, Stefano Marino, Giacomo Camola, Decio Mazzei, Giulio Cesare Valentino, Francesco Maia e forse alcun altro che a me non sovviene. E cosi furono terminate le esequie, con molta consolazione di tutti gli amici del vostro divin Marino.

Della qualitá delle composizioni io non vi dirò altro, né starò a farne il giudice, non essendo cosa da me, né a me possibile, come suol esser sempre pericolosa. A noi basti, signor mio, di poter affermare che sono state fatte dagli accademici Umoristi in loda del cavalier Marino e alla presenza di principi grandi e di signori in lettere eminenti, per concludere senza fallo che fossero tutte eccellentissime.

Io vi ho fatta questa relazione, perché non possiate dolervi di me che non vi abbia avvisato di ciò che è succeduto in questa materia a voi tanto cara. So che è storpiata; ma, mentre è conforme alla possibilitá del mio ingegno e alla poca commoditá del tempo che mi è avvanzato oggi per me, doverete scusar la sua imperfezione e gradir la sinceritá di essa e dell’animo mio devoto. Con cui vi abbraccio e vi prego somma felicitá.

Di Roma, li xi di settembre 1625.

VI

Giovanni Francesco Busenello al signor Giacomo Scaglia I nvia copia della lettera scritta in lode dell’Adone.

Signor compare, voi mi obligate a mandarvi copia della lettera ch’io scrissi giá alcuni anni al signor cavalier Marino, mentre egli si trovava in Roma prencipe dell’academia degli Umoristi. Ve la mando volentieri, tutto che molti rispetti mi persuadano a non mandarla; perché, essendo questa tutta ripiena delle laudi d’un poema tanto biasimato in libri stampati giá, pare ch’io voglia mentire l’opinioni altrui, tutto che maturate nella canicie di chi le sostenta. Si aggiunge che il mondo, imbevuto forse che questa lettera sia stata scritta dal Marino stesso a se medesimo, come pure bestemmiano le stampe dei libri predetti, parerá ch’io mi voglia appropriare le cose d’altri. Ma nondimeno voglio che in me prevagliano le vostre instanze ad ogni altro riguardo, perché io mi fido nella veritá e delle laudi e della lettera, scritta da