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III

Giovanni Francesco Busenello al cavalier Marino

Loda l’Adone.

L’ Adone, nuovo miracolo della sopraumana virtú di V. S., è capitato a Venezia nella libraria de’ signori Giunti in mano del signor Giacomo Scaglia, non solo per indorare queste stampe, ma perché dalla piú bella cittá ch’abbia la terra esca il piú bel poema che sia stato composto giamai. E veramente da questi felici mari dovevano uscir le perle che tolgono il pregio all’Oriente.

Questo Adone , che ha ritrovato nella cittá gli animi concitati dalla fama e innalzati dall’aspettazione, ha fatto veder chiaramente che le sue maraviglie cominciano la salita da quel segno a punto ove terminava l’ascesa dell’espettazione e della fama. Onde gl’ingegni non sono caduti dall’eminente estimazione ch’avevano; anzi ha bisognato che da loro si studi ogni via per salire dal sommo del concetto e della stima al soprasommo dell’effetto e del vero.

Ma come sono insoliti e strani gli affetti commossi da tale composizione in chi l’ha letta, cosi doverebbe l’espressione mia aggiustarsi in qualche maniera al motivo dell’animo con che la detto; accioché la penna, organo sesto dei sentimenti umani, non riuscisse rincrescevole a se medesima, accorgendosi che i suoi scarsi modi sono piú tosto di detrazione che di lode a cosi prezioso componimento.

V. S. con felicissima vena va spiegando alcune delizie del dire che fanno brillare il cuore a chi legge, né vi è stanza in tutto il poema che non tragga a sé con mirabile allettamento l’animo di chi si sia. E come talvolta mirando le stelle non è possibile affissar tanto l’acume degli occhi in una, che l’altre col scintillare non ne divertiscano i raggi nostri visivi, tanta è la frequenza e il numero di quegli oggetti luminosi; cosi non è possibile riflettere tanto con la mente sopra una delle stanze predette, che le altre, disgregando i pensieri, non ne interrompano la specolazione. Egli è ben vero che tale interrompimento non scema il gusto a chi legge e non diminuisce la gloria delle cose lette, e bisognerá far voto alla natura che disponga a’ nostri sensi organi migliori, per non tradire in un tempo istesso il libro e l’intelletto