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259.Muta, confusa, attonita, mentr’egli
in tal guisa parlò, tacque e sofferse
Falsirena infelice, e gli occhi begli
rugiadosi di perle al suol converse.
L’aria notturna e l’ombra de’ capegli
de la sua nuditá parte coverse,
e ’I bel rossor de la vergogna ascose,
che fiamme a fiamme aggiunse, e rose a rose.

260.Nel cor di grave doglia oppresso e carco
palpitare gli spiriti infelici.
Se non lasciò (ché non potea) l’incarco
l’alma, cessò da’ suoi vitali uffici.
Chiuso trovando allor l’usato varco
le calde de la vita aure nutrici,
in preda la meschina al duolo amaro
viva, ma semiviva abbandonare.

261.E l’abbandona ancora in quel cordoglio
colui che può sol darle anima e vita.
Ma che sia crudeltá creder non voglio,
se la lascia in tal caso, e non l’aita:
quando avrebbe a pietá mosso uno scoglio,
e qual selce piú dura intenerita.
Forse per non mirarla afflitta e trista
è costretto a fuggir da la sua vista.

262.Uscito Adon de le dorate soglie,
Idonia v’entra, che ’l successo attende:
e quando immersa in sí profonde doglie
la trova, la cagion ben ne comprende.
Poi che la Fata alfin la lingua scioglie,
a pena creder vuol quel che n’intende;
né ciò reca a virtú, ch’è fuor d’usanza
in sí fragile etá tanta costanza.