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295.È Re di Rhodo: il regno a cui comanda
con Cipro in su i confini è sempre in guerra.
Questi in atto sprezzante allor da banda
per giostrar su le mosse un tronco afferra.
Ma l’Araldo ne vien, che gli dimanda
chi siasi, e di qual gente, e di qual terra.
Risponde il fier, colmo d’orgoglio e sdegno:
— Chi ’l Sol non vede, è de la luce indegno.
296.Sole è il mio nome, e non è loco alcuno
dove chiaro non sia, né piú dirótti:
ch’esser ben devria qui noto a ciascuno
il temuto flagel de’ Cipriotti.
Ciò basti, e basti sol, ch’io mi son uno
uso a far molti fatti, e pochi motti. —
Xon bada a far, ciò detto, altro discorso:
la lancia impugna, e s’apparecchia al corso.
297.L’orecchie a pena il primo suon gli fiede
del tortuoso incitator metallo
che dispicca un gran trotto, e ne succede
l’effetto mal, ben ch’abbia scusa il fallo.
Sinistrando il destrier dal destro piede,
cadder tutti in un fascio uomo e cavallo.
Quel suo dal corno è poderoso e grave,
e del mestier la pratica non have.
298.Levasi in fretta da l’immonda sabbia
tra sé fremendo irato e furibondo;
e perché, quando colpa egli non v’abbia,
chi manca al primo arringo esce al secondo,
rimonta arso di scorno, ebro di rabbia,
in un altro corsier membruto e tornio,
di non minor possanza e gagliardia,
che la Dea degli Amori in don gl’invia.