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159.Cosí rispose, e cosí detto prese
un salto tal, che fe’ stupir le genti:
né l’Appennin sí forte, o il. Monsanese
scosso è talor da prigionieri venti.
Poi d’un grido sí fiero il Ciel offese,
che la terra crollò da’ fondamenti.
Vacillò la gran piazza, e rimbombonne
l’aria, e tremaro intorno archi e colonne.

160.Con sí fatto romor, quand’Hercol morse,
aprí latrando Cerbero le gole.
Con tal rimbombo Giove a punir corse
del fter Titan la temeraria prole.
E con strepito egual Pozzuol fe’ forse
d’alto spavento impallidire il Sole,
allor ch’a lo scoppiar de le campagne
vomitò fiamme, e partorí montagne.

161.Senz’altro motto, al vantator superbo
il buon Corimbo allor si drizza, e tace.
È d’etá verde e di vigore acerbo,
indomito di cor, di spirto audace,
tutto callo, tutt’osso, e tutto nerbo,
di polpe asciutto, e d’animo vivace.
Quadrato ha il corpo e sovra i fianchi stretto:
gli omeri larghi, e spazioso il petto.

162.Stupir le turbe intorno, a cui non era
conta la fama del campion gagliardo,
quando insperato e solo uscir di schiera
l’ebber veduto, e ’n lui fisaro il guardo.
Ma tra color ch’avean notizia intera
di quel valor che non fu mai codardo,
meraviglia non nacque, e lor non nove
l’usate n’attendean prodezze e prove.