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143.Nessun risponde a l’oltraggiose note,
salvo sol di Beozia un Giovinetto,
ch’accende allor, perché soffrir noi potè,
di vergogna la guancia, e d’ira il petto.
Incomincia a segnargli ambe le gote
del primo pelo un picciolo fregetto,
ma sotto l’ombra de le fila bionde
di qua di lá la zazzera l’asconde.

144.Crindor da l’or del crine egli ebbe nome,
perché sí bionde, e molli, e dilicate,
e sí crespe e sí terse avea le chiome,
eh’auree invero pareano, e non aurate.
E qualor da la forbice (sí come
sogliono a chi si tonde) eran tagliate,
per posseder sí lucido tesoro
le compravan le donne a peso d’oro.

145.Senza accorciarla un lustro ha giá nutrita
la bella chioma, ond’è diffusa e lunga,
e non è dí che culta e ben forbita
de’ piú pregiati aromati non l’unga.
Ma s’or avien che da l’impresa ardita
vincitor esca, e ch’a la patria ei giunga,
troncar promette in voto i capei cari,
e d’Apollo offerirgli ai sacri altari.

146.Poi che vede ch’alcun non osa ancora
di contraporsi a quel Colosso immane,
sfibbiasi il manto, e senz’altra dimora,
scinte le spoglie, ignudo ivi rimane,
e del corpo viril dimostra fora
le fattezze leggiadre e sovrumane,
onde de l’altre membra al vago volto
quel che i drappi ascondeano il pregio ha tolto.