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103.Il capo inchina pria che ’n alto saglia
e gamba a gamba intreccia ed incrocicchia,
da le braccia aiutato il corpo scaglia,
la persona ritira e si rannicchia.
Poi spicca il lancio, e mentre l’aria taglia,
due volte con l’un piè l’altro si picchia,
e fa battendo e ribattendo entrambe,
sollevata dal pian, guizzar le gambe.

104.Poi ch’ella è giunta in sú quanto piú potè,
la vedi in giú diminuir cadente,
e nel cader sí lieve il suol percote
che scossa o calpestio non se ne sente.
È bel veder con che mirabil rote
su lo spazio primier piombi repente,
come piú snella alfin che strale o lampo,
discorra a salti e cavinole il campo.

105.Immobilmente il popolo sospeso
pende da’ moti di colei che balla.
Stupisce ognun, che de le membra il peso
estolla al ciel, qual ripercossa palla:
serpa in obliquo, o vada a passo steso,
opra il tutto con arte, e mai non falla.
Ond’alza un grido alfin garrulo e roco,
e ’l Sol termina il giorno, ed ella il gioco.

106.E la madre d’Amor con queste lodi
de le sorelle sue celebra il vanto:
— Dive immortali, Vergini custodi
del pregiato licor del fiume santo,
da cui per far al Tempo eterne frodi
hanno i miei bianchi augelli appreso il canto,
qual dono offrir vi può che vii non sia,
o la sfera, o la terra, o l’onda mia?