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199.Folle come vaneggio! ancor l’insana
voglia a novi ardimenti ergo e sospingo?
ancor con speme temeraria e vana
adulando a me stesso, il cor lusingo?
e la Tigre del mar dolce ed umana
fatta al mio pianto, al mio pregar m’infingo?
chi m’aborrí mentr’ebbi il lume meco,
oso sperar che m’ami or ch’io son cieco?»

200.Qui tacendo sospira, indi dal loco
dove mesto sedea, lento risorge,
e ’l piè, come può meglio, a poco a poco
trae verso il sasso che ’n su ’l mar si sporge;
e poi che giunto lá, dove il suo foco
arder solea fra Tacque, esser s’accorge,
con piú placido volto e piú sereno
cosí rallenta a le parole il freno:

201.«Ma che cieco io mi sia, per che sia priva
la fronte mia de l’ornamento usato,
non è però che ’n me non splenda e viva
la face ardente del fanciullo alato:
né tu di me devresti esser si schiva
né tanto aver il cor crudo e spietato,
anzi mentre mi doglio in tua presenza,
se m’odiasti con l’occhio, amarmi senza.

202.Cieco è l’Herebo ancor, da cui ciascuna
trasse il principio suo creata cosa.
Cieca la Morte, cieca è la Fortuna
(possenti Dee), cieca la Notte ombrosa.
È cieco il Sonno, e quando il ciel s’imbruna
pur lieto in grembo a Pasithea riposa;
e pur de le sue fiamme accese il core
a la sua Psiche (ancor che cieco) Amore.