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111.Certo tu vivi, e per pietá l’Inferno
rivocò la sentenza aspra e severa,
né veder ti lasciò nel basso Averno
l’occhio fatai de la crudel Megera.
Non diè la terra al suo ornamento eterno
tomba commune a la vulgare schiera;
ma vergognossi, a cose vili avezza,
di nascondere in sen tanta bellezza.

112.Il mio gran Padre in arboscel ferace
cangiato t’ha per onorare il figlio,
e del volto, che giá fu sí vivace,
ti lascia ancora il bel color vermiglio,
e fa che ’l succo tuo dolce e mordace
tranquilli il petto e rassereni il ciglio,
e sgombri dal pensier le nebbie oscure
de le noiose ed importune cure.

113.O delizia del mondo e de’ mortali,
o del nèttar celeste essempio in terra.
Spiritosa bevanda, oblio de’ mali
e pace de’ dolor ch’altrui fan guerra.
Quai fur mai forze, o quai virtuti eguali
a l’invitto valor che ’n te si serra?
Ogni altro frutto omai per te s’aborra,
né teco in pregio altr’arbore concorra.

114.Qual piú famosa pianta in selva alberga
convien che ceda al tuo bennato stelo
e che qual serva tua curvi le terga
sotto quel peso ch’è sí caro al Cielo.
Non fia giá mai ch’a tanta gloria s’erga
il Fico, il Pruno, il Melagrano, il Melo.
La Palma istessa ancor, che qual Reina
sovra l’altre trionfa, a te s’inchina.