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211.Qual augellin, che ’l dolce usato nido,
dove i figli lasciò, vóto ritrova,
gli vola intorno, e con pietoso strido
assordando la valle, il duol rinova;
tal dagli occhi d’Adon, su’ albergo fido,
non sa partirsi, e nulla piú gli giova:
piagne i perduti sguardi, e ’n tutto cieco
brama non esser Dio per morir seco.

212.Ma per non raddoppiar l’acerbe pene
di colei che gli diede essere e vita,
l’alto dolor dissimula, e ritiene
a le correnti lagrime l’uscita.
Indi per consolarla a lei sen viene,
che traendo dal cor vena infinita,
par che per gli occhi fuor voglia in tant’acque
versar tutto quel mare, ond’ella nacque.

213.Ella, a cui per morir con lui che more,
d’esser nata immortai molto rincrebbe,
di si fervente ed efficace amore
eternar la memoria almen vorrebbe,
e con l’aspra memoria anco il dolore
che dopo morte a gran ragion gli debbe.
Quindi ognor ripetendo il caro nome
pace non vuol con l’innocenti chiome.

21_|. Mentre intorno cadean le chiome sparte,
meraviglia gentil nacque di loro,
ch’abbarbicate in questa e ’n quella parte
trasformare in smeraldo il lucid’oro.

Preser radice, e con mirabil arte
l’erba arricchir d’un signoril tesoro:
e ’l nome de la Dea lacere e tronche
serbano ancor per Tumide spelonche.

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