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155.Vennegli incontro, e cominciò parole
minacciose a formar d’uman linguaggio.
— Taci bestia malvagia, odiosa al Sole,
non impedir nostro fatai passaggio.
Cosi vuol chi quaggiú può quanto vòle —
disse Silvania, e seguitò ’l viaggio.
Fuggí la Fera ubbidiente, e tacque,
e ritomossi ad appiattar ne Tacque.

156.— Uom fu giá questi, or è Dragon — soggiunse —,
apprendan da lui senno i piú discreti.
Soverchia audacia follemente il punse
de la Fata a spiar gli alti secreti.
Fusse caso o sciocchezza, un giorno ei giunse
contro gl’invToIabili divieti
lá dov’ella talor suol per diletto
cangiar la spoglia, e variar l’aspetto.

157.Videla a punto allor che per vaghezza
di provar qual natura hanno i serpenti,
forma di serpe a Timmortal bellezza
dava con incantate acque possenti.
Ella è sí spesso a trasformarsi avezza,
che non vo’ che tu fugga o che paventi,
s’avien mai che t’appaia in altre membra:
che non è però tal, se bene il sembra.

158.In mal punto costui videla a punto
quando prendea la serpentina imago,
né tutto il corpo avea bagnato ed unto,
ch’era ancor mezo Donna, e mezo Drago.
Sdegnosa, come prima il vide giunto,
il volto gli spruzzò del licor mago,
«Stolto» dicendo «i premi tuoi sien questi,
vanne, e narra (se puoi) ciò che vedesti».