![]() |
Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. | ![]() |
23.Mentre che con l’amor l’ira combatte,
il dolor s’interpone, e dice alfine:
— Dunque di quelle, ch’io stimava intatte,
bellezze incomparabili e divine
posseditrici indegne (oimè) son fatte
roze braccia selvagge e contadine?
Quel ch’io bramar a pena osai lontano,
preda divien d’un Cacciator villano?
24.O vie piú de le Passere fugaci,
che tranno il carro tuo, vaga e leggiera,
quanto ne’ vezzi tuoi finti e fallaci
stolto è chi crede, e misero chi spera!
Mi promisero questo i detti e i baci
de la bocca bugiarda e lusinghiera,
quand’io credulo a quel che mi giurasti,
lasciai cadérti a piè tutti i miei fasti?
25.Chi mai tanta beltá vide in suggetto
sí mobile, incostante, e disleale?
e in amante sí fido e sí perfetto
tanta disaventura, e tanto male?
Or qual sará dentro l’Inferno Aletto,
se la figlia di Giove in Cielo è tale?
Che faran l’altre Donne infami e ree,
se scelerate son ristesse Dee?
26.Perfido sesso, ahi com’inganna e mente
quella beltá, ch’a torto il Ciel ti diede!
Volubile qual fronda è la tua mente,
instabile qual onda è la tua fede.
Io per me spererei piú facilmente
ch’una sola fedele a chi le crede
fra tante false, ingrate, e mentitrici,
tra gli augelli trovar mille Fenici!