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19.Veggio or ben io, che dal tuo figlio avaro
qualche breve talor gioia s’ottiene
sol perché cresca alfín lo strazio amaro,
e si raddoppi il mal, perdendo il bene.
Lasso, ei m’aperse un Sol felice e chiaro,
per poi lasciarmi in tenebre ed in pene.
Prese il crudele a sollevarmi in alto,
per far maggior del precipizio il salto.

20.Se di votivi onori hai pur desio,
ed agli altari tuoi cotanto pensi,
non è forse tuo tempio il petto mio?
non son voti i pensier, vittime i sensi?
Se vuoi dal popol tuo fedele e pio
fiamme lucenti, e peregrini incensi,
non son vive faville i miei desiri?
non son fumi odorati i miei sospiri? —

21.Ed ella a lui: — Chi detto avrebbe mai,
che chi dal volto tuo bear si sente
sentir devesse poi tormenti e guai
sol per mirarti ed esserti presente?
E chi pensato avria, che que’ bei rai
mi devesser mirar pietosamente,
e non rasserenar sol con la vista
qual tempesta maggior de l’alma trista?

22.Vedi vedi se strana è la mia sorte,
ch’oggi la mia salute è per mio peggio!
Le tue luci leggiadre eran mie scorte,
or mi sento morir perché le veggio.
Onde per non mirar la propria morte
(ben ch’altr’alma che te, non ho, né cheggio)
torrei di dar quest’alma, e bramo almeno,
per poter non partir, morirti in seno. —