Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/373


179.— Dunque uom perfido e reo contro la legge
e fatale e divina è tanto audace,
che di pugno a colei che Cipro regge
ruba i tesori con la man rapace?
E pur non si punisce, anzi s’elegge
qual regnator leggittimo e verace?
Né v’ha pur un, ch’ai popoli delusi
cosí perversa iniquitate accusi?

180.Stamane allor ch’ebro di sonno e cieco
giacca lo stuol che custodiva il Tempio,
io io vid’io questo donzel, ch’è meco,
tórre il diadema, e consegnarlo a l’empio.
Cosí la Dea, che ’n testimonio arreco,
pari a la fellonia mandi lo scempio,
com’ha il pregio involato, e falsamente
l’altrui s’usurpa, e n’ ciò che narra, ei mente.

181.Ragion dunque non fia, né mi par giusto,
contro l’ordin celeste, e contro il vero,
ch’ei di quell’oro indegnamente onusto
de le glorie non sue ne vada altero;
ed a chi meritò d’essere Augusto,
giudicato dal Ciel degno d’impero,
si neghi da’ piú saggi e si defraude
l’onor de la mercede, e de la laude.

182.Ma perché sceleragine cotanta
sia nota a tutti, e ’l dubbio a pien si scioglia,
se pur vera è la prova onde si vanta,
riponga al loco suo la tolta spoglia,
indi di novo ancor da la man santa,
come dianzi la tolse, or la ritoglia;
e s’averrá che quindi ei non la spicchi,
provinsi ancora i piú famosi e ricchi.