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IL RITORNO

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231.Quell’altezza reai, quel seggio augusto
di molle seta e di purpureo panno,
che ’n magion ricca e spaziosa ingiusto
preme sovente e tumido Tiranno,
è di piú rischi e piú flagelli onusto
che di povero tetto ignudo scanno,
e quel ch’agli occhi altrui par sommo bene,
è l’infelicitá di chi l’ottiene.

232.Pungono il dubbio cor di chi governa
di perpetuo timor spinose cure;
e ben che rida l’apparenza esterna,
non son le gioie sue sincere e pure.
Passa i dí chiari in un’angoscia eterna,
vegghia in lunghi pensier le notti oscure.
Sempre tra piume molli e mense liete
o la fame gli è rotta, o la quiete.

233.False relazion, dubbi consigli,
insidie occulte, immoderate spese,
di popoli incostanti ire e scompigli,
di domestici servi odii ed offese,
risarcir danni, riparar perigli,
contrattar paci, essercitar contese,
questi son d’ogni Principe sublime
gli acuti tarli, e le mordaci lime.

234.Quanto s’inalza piú, piú d’alto scende
la fortuna de’ Grandi a la caduta;
e regnando talora anco si prende
in tazza d’or mortifera cicuta.
L’anima mia, cui miglior brama accende,
sorbir altro velen sdegna e rifiuta
di quel dolce e vital, che senza inganno
i tuoi lumi innocenti a ber mi danno.