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87.In che miseri ceppi, oimè, ristretta
m’ha queU’amor che teco mi congiunge!
ch’io deggia ad ogni dubbio esser soggetta,
che ti move a volar cosí da lunge.
Né la mia lealtá candida e netta
di men gelosi stimuli ti punge
che s’una mi fuss’io, non dico Dea,
meretrice vulgar, femina rea.

88.Alcun’altra ha da te gioia e diletto,
altra con scherzi e con sorrisi abbracci.
Quando a me vien’, divien poi campo il letto,
m’atterrisci con gli occhi e mi minacci.
Né con piú torvo o piú severo aspetto
i piú fieri nemici in guerra cacci
di quel che fai talor chi non t’offende:
la tua fcdcl, ch’a compiacerti intende.

89.Con qual pegno or piú deggio, o con qual prova
de la mia fede assecurar costui,
quando Tessermi ancor nulla mi giova
tolta al mio sposo, e soggiogata a lui?
Crudel, fia dunque ver che non ti mova
piú l’amor mio che la perfidia altrui?
Fia ver, che ’n te piú possa un van sospetto
di quel che pur con man tocchi in effetto?

90.Io credo, e giurerei, che quanta bruma
la tua Thracia ricetta, il cor t’agghiaccia.
E pur, tanto è l’amor che mi consuma,
malgrado mio t’accolgo in queste braccia.
Deh s’egual nel tuo petto ardor s’alluma,
e s’egual nodo l’anima t’allaccia,
come può farlo ognor tepido e lento
ogni foglia che ’n aria agita il vento?