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179.Voglio di piú, che quando a quel dolce atto,
che da me vien, ti stimula Natura,
poi che ’l fin del desir n’avrá ritratto,
il maschio piú di te non prenda cura;
e tu per pena allor del tuo misfatto
ti rimarrai de l’Aquila pastura,
rivolta al ciel la pancia, al suol la schiena,
senza poter drizzarti in su l’arena.

180.Onde malgrado del piacer che sente
d’amorosa saetta un cor ferito,
temprata la libidine cocente,
la salute anteposta a l’appetito,
sarai costretta ad esser continente
ed a fuggire il tuo crudel marito,
ben ch’occulta virtú d’erba efficace
ti fará pur piacer quel ch’altrui piace. —

181.Cosi la maledisse, ed adirata
ritrasse altrove il piè Ciprigna bella.
Mercurio, che ’n Testudine mutata
vide (sua colpa) la gentil Donzella,
pietá ne prese, e d’auree corde armata
lira canora edificò di quella,
indi lieto inventor di sí bel suono,
fenne al gran Dio de’ versi altero dono.

182.Poi che dal gioco si levò la Dea,
tra Mercurio ed Amor gran lite sorse.
Amor, che seco attraversato avea,
quando anch’ei de la fraude alfin s’accorse,
de la traversa il pregio a lui chiedea
con gridi, al cui romor la madre corse.
Venere con Adon tutta sospesa
dimanda la cagion di tal contesa.