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99.— O mia dorata ed adorata Dea,
pria ch’io la gloria tua scorgessi a pieno,
giuro a te per te stessa — egli dicea —
ch’oggi mi palpitava il cor nel seno,
però che non gli parve, e non potea
esser il lume tuo lume terreno.
Un raggio sol, che del mio Sol mi tocchi,
conosciuto è dal cor pria che dagli occhi.

100.Anima del mio cor, giunta è pur l’ora
che si chiuda in piacer lungo tormento.
Degno di rimirarti anzi ch’io mora,
son pur, la tua mercé, fatto contento.
De la divinitá l’aura ch’odora,
e del petto che bolle il foco sento.
So che ’n mostrarmi il ver senza menzogna
non travede lo sguardo, e ’l cor non sogna. —

101.— O sospirato in tante aspre procelle —
rispondea l’altra — e non sperato porto,
tra le tue braccia alfin, che son pur quelle
che bramai sí, lo stanco legno ho scòrto.
A dispetto del Cielo e de le stelle
meco ho pur la mia vita, il mio conforto,
or che quel fiero Trace ingelosito
(Dio di ferro e di sangue) altrove è gito.

102.Centro de’ miei desir, questa che vedi
è colei che t’adora, e piú non fingo.
S’al tuo veder, s’al mio parlar non credi,
ecco ti bacio, ecco t’abbraccio e stringo.
S’altra prova piú certa anco ne chiedi,
che i vezzi e i nodi onde t’accolgo e cingo,
puoi dal mio stesso cor saperne il vero,
ch’entro i begli occhi tuoi sta prigioniero. —