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GLI ERRORI

295.Tennemi dietro, e non so in qual maniera
nel folto del giardin l’insidia tese.
L’ombre splendean, perché la Diva arciera
era nel colmo del suo mezo mese,
e ’l ricco tempio de l’ottava sfera
tutte avea giá l’auree sue lampe accese.
Qual meraviglia allor, se non potei
occultar da Tagliato i falli miei?

296.La Vecchia a la Reina il fatto accusa,
io repente al mio ben son còlto in braccio,
e di vergogna e di timor confusa,
fatta il volto di foco, e ’l cor di ghiaccio,
condur Dorisbe mia legata e chiusa
veggio in altra prigion con altro laccio.
Ma grazie al Ciel, che ne’ miei furti audaci
visto non fui rapire altro che baci.

297.«Uccidetemi» dissi * e qual mi fora
piú bel morir, s’avien che ’n un mi tocchi
(quando sia pur, che per costei mi mora)
lo strai di morte, e ’l raggio de’ begli occhi?»
Ma non è alcun de’ rei sergenti allora
che ’n me spada pur vibri, o dardo scocchi.
Crudel pietá, ch’uccidermi non vòlse,
e pur la vita e l’anima mi tolse.

298.Non tanto il proprio mal m’affíige e nóce,
se ben d’ogni mio ben privo rimango,
quanto il mal di Dorisbe il cor mi coce,
ch’io per me senza lei son fumo e fango.
Te Dorisbe mia cara, ahi con qual voce
chiamo, e sospiro? e con qual’occhi piango?
Son queste (oimè) le pompe? oimè, son queste
de le tue nozze le sperate feste?