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251.Se poi con zappa in man curva e pesante
de la terra talor tenace e molle,
assai miglior ch’agricoltore, amante,
sudava a volger glebe, a franger zolle,
la diffidenza in orrido sembiante
vernami incontro, e mi gridava: * Ahi folle,
e qual mèsse corrai di tua fatica,
se dinanzi a la man fugge la spica?»

252.Vie piú che prima in su l’erboso smalto
Dorisbe a trastullarsi il dí scendea.
10 fender l’aria con spedito salto
or imitando i Satiri solea,
or ben vibrato e ben lanciato in alto
con man leggiera il grave pai movea,
or su i sonori calami forati,
per allettarla, articolava i fiati.

253.Conobbi intanto a mille segni e mille,
ed espresso il notai piú d’una volta,
che s’io l’ardor versava in calde stille,
ed avea l’alma in duro laccio avolta,
non era anco il suo cor senza faville,
né punto ella però sen giá disciolta;
e vidi, ch’egual cambio alfin ne rende
Amor, che ’n gentil cor ratto s’apprende.

234.Ne la stagion che ’n Ciel s’accende d’ira
11 fier Leone, e scalda il piano e ’l monte,
quando per dritto fil le linee tira
Febo da la metá de l’Orizonte,
sitibonda per bere il passo gira
al margin fresco del tranquillo fonte.
Ed ecco l’Ortolan le reca innanzi
l’aureo vasel ch’io gli donai pur dianzi.