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179.Scioglie in languidi accenti il freno accolto
ai desperati suoi gravi dolori,
ed a l’agil corsier non men l’ha sciolto,
che vagando sen va per mille errori.
Sotto il seren, per entro il cupo e ’l folto
e de’ notturni e de’ selvaggi orrori
il corsier via sei porta: ed ei che ’l regge,
da chi legge ha da lui prende la legge.

180.Stanco alfin presso il fonte, ove la frasca
è piú densa e frondosa, il passo affrena.
Dismonta a terra, e pria che ’l dí rinasca,
vuol dar ristoro a l’affannata lena.
Lascia ch’a suo diletto a piè gli pasca
libero il corridor senza catena,
ché la nova stagion, quantunque acerba,
gli fa stalla la selva, e biada l’erba.

181.— Tiranno empio e crudel, come n’alletti —
cominciò poi — con dolci inganni e frodi!
Pace, piacer, felicitá prometti,
e dái guerre e miserie, e lacci e nodi.
Tieni i tuoi servi in forte giogo stretti,
e vuoi che prigionier sieno in piú modi;
ed ai corpi ed a l’anime non doni
altro alfin che legami, e che prigioni.

182.Dura prigion, che mi contendi e serri
quel Sol, che l’altro Sol vince d’assai,
ahi quanto è vano il tuo rigor, quant’erri
s’offuscar pensi i suoi lucenti rai.
Fosti oscura spelonca, or che i tuoi ferri
luce sí bella indora, un Ciel sarai:
e fora un Ciel, se ’n quell’orrore eterno
penetrasse un suo lampo, anco l’Inferno.