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15.D’antica Donna ha la sembianza e ’l nome,
squallida, estenuata, e macilenta.
Le mostruose e scompigliate chiome
tutte son serpi, ond’ogni cor spaventa.
Dipse, anfisbene, e dragoncelli oh come
inasprano il dolor che la tormenta,
ceneri, chelidri, ed ondeggiando al tergo
colman di doppio orror Torrido albergo.

16.Fronte ha severa, né giá mai rischiara
sotto il concavo ciglio il guardo torto.
Guance spolpate, e le rincrespa ed ara
di spessi solchi arido labro e smorto.
Versa un assenzio da la bocca amara
ch’amareggia ogni gioia, ogni conforto.
Da la fetida gola un fiato l’esce
che pestilenza a l’acre oscuro accresce.

17.Come Giano ha duo volti, ed apre e gira
cento lumi quali Argo e piangon tutti,
sguardi di Basilisco, e dove mira
fa gli umani piacer languir distrutti.
D’Aspido ha la virtú, ch’a pena spira
ch’appesta il core e cangia i risi in lutti.
Di Cervo il capo e la natura e Tatto,
che si rivolge indietro a tratto a tratto.

18.Tolse le parolette a la fé greca,
la lingua mentitrice a la bugia.
È il suo veder, come veder di cieca,
un vano imaginar di fantasia.
Tende l’orecchie a chi novelle arreca,
ed ha pié di ladron, passi di spia.
D’Alchimista il color pallido e mesto,
e i dolori del parto in ogni gesto.