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11.Ne le viscere cave ignoto speco
rifiuta il Sole e fugge i suoi splendori.
Muti qui sempre, e quasi in career cieco,
tacciono i mesti e desolati orrori.
Raro fra lor s’ascolta accento d’Eco,
troppo rigidi alberghi a’ suoi dolori.
Se la chiaman talor Tigri o Leoni,
son le risposte sue fulmini e tuoni.

12.Oltre cosí nel sotterraneo sasso
con profonda voragine s’interna
che va l’estremo del confin piú basso
a terminar ne la palude inferna;
onde si crede che sia quindi il passo
del Rege oscuro a l’infima caverna,
e che colei che l’abita, sovente
conversi ancor con la sepolta gente.

13.I latrati di Cerbero custode
scaccian da la contrada armenti e greggi.
Pianger de l’alme ree la turba s’ode
di Radamanto a le severe leggi.
S’odon gli angui fischiar, batter le code
de l’empie Erinni entro i Tartarei seggi,
e si sente bollir nel proprio fonte
il gorgoglio di Stige, e d’Acheronte.

14.Tra queste solitudini s’imbosca
non so s’io deggia dir femina o Fera.
Alcun non è che Tesser suo conosca,
o ne sappia ritrar l’effigie vera;
e pur ciascun col suo veleno attosca,
si ritrova per tutto, ed è Chimera:
un fantasma sofistico ed astratto,
un animai difforme e contrafatto.