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CANTO DECIMOTERZO

Quanto gradita è piú. vie piú s’avanza
in nobil alma umanitá cortese.

Ingiuriata poi, muta l’usanza,
pari è l’odio a l’amor che pria l’accese.
Non ha ne l’ire sue freno a bastanza
sí che non corra a vendicar l’offese.

Ma ciò piú molto avien qualor si sprezza
di magnanima Donna alta bellezza.

Guárdati, quando averla ora non vogli
supplichevole amante e lusinghiera,
d’averla poi con pene e con cordogli
Tiranna formidabile e severa.

Conchiudo infin, che se non sleghi e sciogli
chi del suo prigioniero è prigioniera,
senza trovar pietá fra tanti affanni
in villana prigion perderai gli anni. —

Adon, che senza scampo e senza aita
le cose in stato pessimo vedea,
pensò, che s’egli cara avea la vita,
cara, se non per sé, per la sua Dea,
mostrar gli convenia fronte mentita,
e di cangiar pensier finger devea:
e l’opre al tempo accommodando in parte
far virtú del bisogno, ed usar l’arte.

Comincia a serenar l’aria del volto,
e piú grato a mostrarsi, e men rubello,
e sperando in tal guisa esser poi sciolto,
qualch’indizio gli dá d’amor novello.

La prega intanto almen, che gli sia tolto
de la Nana importuna il gran flagello,
poi che gli è sovr’ogni altra aspra sciagura
sí malvagia ministra a soffrir dura.