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canto primo 93


147.Questa felice e semplicetta gente,
che qui meco si spazia e si trastulla,
gode quel ben, che tenero e nascente
ebbe a goder sì poco il mondo in culla:
lecita libertà, vita innocente,
appo ’l cui basso stato il regio è nulla,
ché sprezzare i tesor, né curar l’oro,
questo è secolo d’or, questo è tesoro.

148.Non cibo o pasto prezïoso e lauto
il mio povero desco orna e compone.
Or Damma errante, or Cavriuolo incauto
l’empie, or frutto maturo in sua stagione.
Detto talora a suon d’avena o flauto
ai discepoli boschi umil canzone.
Serva no, ma compagna amo la greggia;
questa mandra malculta è la mia reggia.

149.Lunge da’ fasti ambizïosi e vani
m’è scettro il mio baston, porpora il vello,
ambrosia il latte, a cui le proprie mani
scusano coppa, e nèttare il ruscello.
Son ministri i bifolci, amici i Cani,
sergente il Toro e cortigian l’Agnello,
musici gli augelletti e l’aure e l’onde,
piume l’erbette, e padiglion le fronde.

150.Cede a quest’ombre ogni più chiara luce,
ai lor silenzii i più canori accenti.
Ostro qui non fiammeggia, òr non riluce,
di cui sangue e pallor son gli ornamenti.
Se non bastano i fior, che ’l suol produce,
di più bell’ostro e più bell’or lucenti,
con sereno splendor spiegar vi suole
pompe d’ostro l’Aurora, e d’oro il Sole.