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canto primo 87


123.Già già convien che ’l timido Nocchiero
a l’arbitrio del caso s’abbandoni.
Fremono per lo ciel torbido e nero
fra baleni ondeggianti i rauchi tuoni.
E tuona anch’egli il Re de l’acque altero,
ch’a suon d’Austri soffianti e d’Aquiloni
col fulmine dentato (emulo a Giove)
tormentando la terra, il mar commove.

124.Corre la navicella, e ratta e lieve
la corrente del mar seco la porta.
Piega l’orlo talvolta, e l’onda beve,
assai vicina a rimanerne absorta.
Più pallido e più gelido che neve
volgesi Adon, né scorge più la scorta:
e di morte sì vasta il fiero aspetto
confonde gli occhi suoi, spaventa il petto.

125.Ma mentre privo di terreno aiuto
l’agitato battel vacilla ed erra,
ambo i fianchi sdruscito, e combattuto
da quell’ondosa e tempestosa guerra,
quando il fanciul più si tenea perduto,
ecco rapidamente approda in terra,
e tra giunchi palustri in su l’arena
vomitato da l’acque, il corso affrena.

126.Oltre l’Egeo, là donde spunta in prima
il pianeta maggior, che ’l dì rimena,
sotto benigno e temperato clima
stende le falde un’Isoletta amena.
Quindi il superbo Tauro erge la cima,
quinci il famoso Nil fende l’arena.
Ha Rhodo incontro, e di Soria vicini
e di Cilicia i fertili confini.