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canto primo 77


83.Veggendo alternamente arsicci e neri
pestar ferro con ferro i tre gran mostri,
— Troppo son — dice — deboli e leggieri
a librar le percosse i polsi vostri!
Omai con colpi assai più forti e fieri
questa mano a ferir v’insegni e mostri.
Impari ognun da la mia man che spezza
qualunque di diamante aspra durezza. —

84.Vòlto a colui c’ha fabricato il telo,
soggiunge poscia: — In questa tua fornace
le fiamme son più gelide che gelo,
altro ardor più cocente ha la mia face! —
Tolto indi in mano il fulmine del Cielo,
e sciolto il freno a l’insolenza audace,
in cotal guisa, mentre il vibra e move,
prende le forze a beffeggiar di Giove:

85.— Deh quanto, o Tonator, che da le stelle
fai sdegnoso scoppiar le nubi orrende,
più de la tua, ch’a spaventar Babelle
dal Ciel con fiero strepito discende,
atta sola a domar genti rubelle
senza romor la mia saetta offende!
Tu de’ monti, io de’ cori abbiam le palme:
l’una fulmina i corpi, e l’altra l’alme. —

86.Depon l’arme tonante, e ricercando
di qua di là l’affumigato albergo,
trova di Marte il minaccioso brando,
il fin brocchier, l’avantaggiato usbergo.
— Or la prova vedrem — dice scherzando —
s’a difender son buoni il fianco e ’l tergo! —
Lo strale in questa uscir da l’arco lassa:
falsa lo scudo, e la lorica passa.