Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/64

62 la fortuna


23.Ricoverato al ricco albergo Amore,
trovò che, posto a’ corridori il morso,
già s’era accinto il Principe de l’ore
con la verga gemmata al novo corso;
e i focosi destrier sbuffando ardore
l’altere iube si scotean su ’l dorso:
e sdegnosi d’indugio, il pavimento
ferian co’ calci, e co’ nitriti il vento.

24.Sta quivi l’Anno sovra l’ali accorto,
che sempre il fin col suo principio annoda,
e ’n forma d’angue innanellato e torto
morde l’estremo a la volubil coda;
e qual Anteo, caduto, e poi risorto,
cerca nova materia ond’egli roda.
V’ha la serie de’ mesi, e i dì lucenti,
i lunghi e i brevi, i fervidi e gli algenti.

25.L’aurea corona, onde scintilla il giorno,
del Tempo gli ponean le quattro figlie.
Due schiere avea d’alate ancelle intorno,
dodici brune, e dodici vermiglie.
Mentre accoppiavan queste al carro adorno
gli aurati gioghi e le rosate briglie,
gli occhi di foco il Sol rivolse, e ’l pianto
vide d’Amor, che gli languiva a canto.

26.Era Apollo di Venere nemico,
e tenea l’odio ancor nel petto vivo,
da che lassù de l’adulterio antico
publicò lo spettacolo lascivo,
quando accusò del talamo impudico
al fabro adusto il predator furtivo,
e con vergogna invidïata in Cielo
ai suoi dolci legami aperse il velo.