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LA FONTANA D’APOLLO

5°4

79.Di quel Signor, che generoso e giusto
regna colá de l’Alpi a le radici,
non mi dogl’io; cosí pur sempre Augusto
goda, al valor devuti, anni felici.
Sol del destino accuso il torto ingiusto,
e ’l finto amor de’ disleali amici,
per la cui sceleragine si vede
lá dove nasce il Po, morir la fede.

80.Venne, sospinta da livor maligno,
ancor quivi l’Invidia a saettarmi,
che sua ragion con scelerato ordigno
difender volse, e disputar con l’armi;
e rispondendo col focil sanguigno
e col tuon de le palle al suon de’ carmi,
mosse l’ingiurie a vendicar non gravi
de le penne innocenti i ferri cavi.

81.M’assalse insidiosa, e com’avante
lingua vibrò di fiele e di veleno,
cosí poi vomitò foco sonante
per la bocca d’un fulmine terreno.
Con la canna forata e folgorante
tentò ferirmi, e lacerarmi il seno,
come la fama mi trafisse, e come
mi lacerò con le parole il nome.

82.Non meritava un lieve scherzo e vano
d’arguti risi, e di faceti versi,
ch’altri devesse armar l’iniqua mano
di sí perfidi artigli e sí perversi,
e scoccar contro me colpo villano,
ch’inerme il fianco a la percossa offersi.
Che non fa? che non osa ira e furore
d’animo desperato, e traditore?