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63.Sia Fortuna per voi. Non so se tanto
fia cortese per me chi m’imprigiona. —
Cosi favella al suo bel Sole a canto,
e sorride la Dea, mentre ragiona,
facendo pur del destro braccio intanto
al suo fianco sinistro eburnea zona.
E giá colei che gl’introdusse quivi
spargea dal suo focil mille incentivi.

64.Come fiamma per fiamma accresce foco,
come face per face aggiunge lume,
o come geminato a poco a poco
prende forza maggior fiume per fiume;
cosí ’l fanciullo a l’inonesto gioco
raddoppia incendio, e par che si consume:
e tutto in preda a la lascivia ingorda
de la modestia sua non si ricorda.

65.Giá di se stesso giá fatto maggiore
drizzar si sente al cor l’acuto strale,
tanto ch’ornai di quel focoso ardore
a sostener lo stimulo non vale;
ond’anelando il gran desir, che ’l core
con sollecito spron punge ed assale,
e bramoso di farsi a pien felice,
pur rivolto a la Dea, la bacia, e dice:

66.— Io moro, io moro oimè, se non mi dona
oportuna pietá matura aita.
Se di me non vi cal, giá si sprigiona,
giá pendente al suo fin corre la vita.
Ferve la fiamma, ed imminente e prona
l’anima giá prorompe in su l’uscita.
Quella beltá, per cui convien ch’io mora,
suscita con gli spirti i membri ancora.