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23.Restár soletti in quell’orror frondoso
poi che Mercurio dipartissi e tacque.
Rigava un fonte il vicin margo erboso,
in cui forte Natura si compiacque.
L’acque innaffiano il bosco, e ’l bosco ombroso
specchia se stesso entro le limpid’acque,
tal ch’un giardino in duo giardin distinto
vi si vedea, l’un vero, e l’altro finto.

24.Porta da questo fonte, umile e lento
per torto solco il picciol corno un rio.
Parria vero cristallo, e vero argento,
se non se ne sentisse il mormorio.
D’oro ha l’arene, e quindi è sempre intento
di sua mano a raccòrlo il cieco Dio,
onde fabrica poi gli aurati strali,
strazio immortai de’ miseri mortali.

25.In duo rivi gemelli si dirama
l’amoroso ruscel; l’uno è di mèle,
picn di quanta dolcezza il gusto t’ r ^r n:i
l’altro corrompe il mèl di tosco e fele:
quel fel, quel tosco, ond’armò giá la Fama
l’aspre saette de l’Arcier crudele.
Crudel Arcier, ch’anco il materno seno
infettò d’amarissimo veleno.

26.Dal velenoso e torbido compagno
sen va diviso il fíumicel melato,
onde per canal d’òr piú d’un rigagno
verga di belle linee il verde prato,
e sboccan tutte in un secreto Bagno
che nel centro del bosco è fabricato.
Di questo Bagno morbido e soave
la Lascivia e ’l Piacer tengon la chiave.