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canto terzo 181


115.Con questo ragionar, del piè gentile
si reca in grembo l’animato latte,
e poscia che con vel bianco e sottile
n’ha le gelate stille espresse e tratte,
de la destra v’accosta assai simile,
quasi in bel paragon, le nevi intatte.
Disse Amor, che non era indi lontano:
— Non volea sì bel piè men bella mano. —

116.Tasta la cicatrice, e terge e tocca
morbidamente i sanguinosi avori,
e mentre un rio di nèttare vi fiocca
tra cento erbe salubri, e cento odori,
fan con occhio loquace e muta bocca
Eco amorosa i tormentati cori,
dove in vece di voce il vago sguardo
quinci e quindi risponde: — Ardi, ch’io ardo. —

117.Dicea l’un fra suo cor: — Deh quali io miro
strani prodigi, e meraviglie nove?
Il Ciel d’Amor dal cristallino giro
di sanguigne rugiade un nembo piove!
Quando tra gli alabastri unqua s’udiro
nascer cinabri in cotal guisa, o dove?
Da fonte eburneo uscir rivi vermigli,
da le nevi coralli, ostri dai gigli?

118.Sangue puro e divin, ch’a poco a poco
fai sovra il latte scaturir le rose,
vorrei da te saver, sei sangue o foco,
che tante accogli in te faville ascose?
O non mai più vedute in alcun loco
gemme mie peregrine e prezïose,
di sì nobil miniera usciste fore,
che ben si vende a tanto prezzo un core!