163.Quella impudica e disonesta putta,
che dee con dolce incendio arderti il core,
ancor sarà de la tua patria tutta
e di tutto il tuo regno ultimo ardore.
Caduto Ilio per te, Troia distrutta
(così ferisce, e così scalda Amore)
sarà, de l’armi e de le fiamme gioco,
campo di sangue, e Mongibel di foco.
164.Tempo verrà, che detestando il fato
perch’abbi i rai del Sol goduti e visti,
il sen bestemmierai che t’ha portato,
e l’ora e ’l punto ch’a la luce uscisti.
Il rimorso e ’l dolor de l’esser nato
fia ’l minor mal, che la tua vita attristi.
De l’aver sostenuto un sì vil pondo
farà sol la memoria infame il mondo.
165.Le stelle, che tal peste hanno concetta,
l’aure, ch’al suo natal nutrita l’hanno,
quelle congiureransi a la vendetta,
queste il proprio fallir sospireranno.
Natura, che per te fia maledetta,
t’aborrirà con rabbia e con affanno;
e farà che nel fine albergo e fossa
neghi a l’anima il Ciel, la terra a l’ossa.»
166.Dopo la Dea di Samo, a lui si volta
con cruccioso parlar l’altra più casta,
né la superbia e l’ira al petto accolta
la modestia del viso a coprir basta.
«Lingua bugiarda, e temeraria, e stolta»
dice con fiera man crollando l’asta
«ben si conforma il tuo decreto iniquo
al cor fellone, ed al pensiero obliquo!