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— Avanti, vili! — urlò il dottore slanciandosi in mezzo ad essi. Si fermò nel corridoio, stette in orecchi. Nessun rumore.

— Fermi lì, voi — diss’egli e saltò nella camera del conte.

Vuota. Le candele vi ardevano quiete.

Entrarono, egli nella camera da letto, gli altri due in quella dello stipo.

Vuote.

Il dottore si cacciò le mani nei capelli, esclamò rabbiosamente:

— Maledetti vili!

— In biblioteca! — disse il giardiniere.

Saltarono giù per le scale, il dottore primo. Toccato il corridoio, udì un rullìo, distinse la voce del commendatore che gridava:

— La barca! la barca! — Corse in loggia, s’affacciò al lago.

Marina, sola nella lancia, passava lì sotto, pigliava il lago piegando a levante. Sul sedile di poppa si vedeva la pistola.

— Al battello! — disse il dottore.

Il Vezza gli gridò dietro:

— Per la scaletta segreta!

Scesero per la scaletta segreta. Il dottore cadde e ruzzolò sino al fondo; ma fu tosto in piedi a tempo di udire una imprecazione del giardiniere che si fermò di botto sulla scala.

— Il battello non c’è — diss’egli. — L’ha mandato via col Rico prima di pranzo.

— Sarà tornato! — disse il dottore e spinse palpitando l’uscio della darsena.

Vuota. Le catene del battello e della lancia pendevano sull’acqua.

Fu per stramazzare a terra. Lì vicino, lo sapeva bene, non vi erano altre barche.