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Nepo osservò pure che correva loro obbligo, essendo in Lombardia, di visitare il conte Cesare, parente dei più stretti che avessero. La contessa, prima di avventurarsi in paese sconosciuto, volle informazioni e consigli da donna Costanza R..., una vecchia dama milanese di sua conoscenza. Le informazioni sul cugino furono scarse: strano, misantropo, ricchissimo, senza eredi più prossimi di Marina. Di costei donna Costanza seppe solamente dire che la credeva un follettino, ma buona e pia. La vedeva sempre, quand’era a Milano, all’ultima messa di San Giovanni. « Casa Malombra, già, non se ne parla, principii buonissimi. Anche il povero Filippo, testa un po’ fêlèe, ma buonissimo, neh! Proprio buono, ecco, povero Filippo! E poi, cara, gran seigneur! » Donna Costanza concluse che bisognava scrivere prima, e poi, secondo la risposta, regolarsi.
La contessa Fosca scrisse un capolavoro diplomatico. V’erano intarsiati non pochi errorucci di ortografia e di grammatica; ma nessuno si sarebbe atteso dalla contessa uno scritto così artificioso. V’era espresso il desiderio di rivedere il conte dopo tanti anni, di stringere con l’amicizia i legami del sangue. Non era egli, dopo tante disgrazie, il più prossimo dei parenti superstiti del povero Alvise? Tali erano pure i sentimenti di Nepo. Ella avrebbe voluto intrattenersi con lui dell’avvenire di questo suo figlio; e qui grandi elogi al medesimo. Lo vedeva disposto ad accasarsi. Ove cadrebbe la sua scelta? Certo sopra una famiglia degna, una fanciulla virtuosa; ma ella, come madre, doveva pur pensare a quello che i benedetti giovani non curano mai. Qui veniva un quadro nè troppo scuro nè troppo chiaro delle finanze Salvador. Insomma ell’aveva bisogno di amici autorevoli e prudenti. Verrebbe volentieri al Palazzo con Nepo, se però il tempo, se la salute, se questo se quello permettesse. Desiderava pure tanto abbracciare la cara Marina di cui si ricordava sempre con tenerezza. Aggiungeva uno speciale bigliettino affettuoso, sulle generali, per essa.