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lettera di riccardo. 109

e l’eleganza de’ mobili risalta per la stessa loro semplicità: un canterano con uno specchio a bilico sul piano; da sei ad otto sedie di Chiavari; un piccolo armadio da allogarvi i libri; un tavolino di noce presso la finestra a tramontana, su cui scorgi tuttavia carte d’ogni ragione, e i suoi prediletti autori. Un letto di ferro e il tavolino da notte compiono la suppellettile; le pareti, nude di pittura e di fregi, ma bianchissime come latte. Appeso a capo il letto sta un bellissimo crocifisso dalla croce nera, memoria d’uno dei più valenti nostri artisti.

E’ s’era fatto collocare in modo da vedere il mare, la più bella delle maraviglie, dopo il cielo: tre giorni prima di morire, io era andato a visitarlo all’ora del tramonto. Il sole gittando ancora a fasci i suoi raggi sulla mobile superficie delle acque, offeriva uno spettacolo da svegliare un monde di sensazioni arcane e religiose: uno spiro d’amore diffondeva la calma e la fragranza di mille fiori nell’atmosfera, e solo alcune nuvolette dal colore di porpora sfumavano lente lente sui fini dell’orizzonte.

Credendolo in braccio del sonno, spinsi con precauzione la porta, ed osservai: la finestra verso il mare era aperta, ed ei, seduto sul letto, stava fiso fiso in quello. Pettinati i ca-